Domenica 11 novembre 2012
La prova del deserto
In diversi momenti i testi del Concilio Vaticano II ci invitano alla consapevolezza di vivere la fede come una peregrinazione (Lumen Gentium. n. 2,8,65) per lo più facendo espresso richiamo alla traversata di Israele nel deserto. Quella marcia fu una prova del fuoco… ne uscì fortificato il popolo di Dio. Ma quella peregrinazione fu colma di adorazione e di bestemmia, di ribellione e di sottomissione, fedeltà e diserzione, acclamazioni e proteste. Tutto ciò è il simbolo della nostra relazione con Dio mentre siamo in cammino; è simbolo delle nostre esitazioni e perplessità, che subiamo nella nostra ascensione verso Dio. La Bibbia ci dice che nessuno andò esente da tali mancamenti.
Al momento opportuno Dio chiama Mosé. Affronta il Faraone, riunisce il popolo disperso e si pone in marcia. È la marcia della purificazione, della fede autentica. Ma, fatti i primi passi, il dubbio sale alla gola in un grido (Es. 14,11-12). Si preferisce la sicurezza alla libertà.
Sale, caldo, sete: e la tentazione di abbandonare tutto, di ritornare indietro. Qui nasce il momento più terribile, la crisi più forte, la domanda più pesante: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es. 17,7). È il dubbio che raggiunge il culmine. E quel luogo venne chiamato Massa (prova) e Meriba (protesta). È la prova del deserto del popolo eletto.
Oggi la Chiesa, la comunità attraversa un nuovo deserto. Le minacce che incombono su noi sono le stesse: scoramento e avvilimento per eclissi di Dio – apparizione di nuovi dei che pretendono adorazione – e tentazione di non andare più controcorrente, di lasciar perdere tutto, di ritornare a casa, in Egitto, e così stare tranquilli.
(Il dramma della fede – II)