Domenica 1 novembre 2009
Uno degli aspetti più tragici della nostra vita è la nostra cecità. E’ gravissima perché pensiamo, al contrario, di vederci bene..! “Se foste ciechi… ma dite ‘noi vediamo’… ecco il peccato…”. Per vedere, per conoscerci quali in realtà noi siamo è necessario confrontarci con la vera misura dell’uomo, cioè Cristo: “Io sono la luce del mondo… chi cammina dietro di me…”.
Finché ci compariamo con altri compagni di viaggio, come gli Apostoli che si sentivano pronti a tutto e poi…; così noi a confronto con gli altri: quasi perfetti… E a confronto di Gesù: ambizioni, sotterfugi, pigrizie, accomodamenti! E poi ci sono le adulazioni, ci sono gli interessati, i falsi pietismi e tutto ciò può dare giudizi interessati, viziati! Ma quando incominciamo a meditare l’umiltà di Betlemme, le fatiche e la povertà del suo apostolato, le sue privazioni, la donazione di sé fino alla passione mortale, allora cadranno tutte le illusioni nate da una troppo facilmente presunta rettitudine e generosità.
Cadranno le illusioni attorno a noi stessi, nella riflessione pacata e spassionata nel misurare il desiderio e la realizzazione, i propositi e le nostre meschine realizzazioni, le decisioni e le cadute… scopriremo il nostro nulla. Prenderemo allora la nostra giusta posizione di fronte a Dio e il dialogo non solo sarà possibile ma avrà un senso. Eviteremo, tra l’altro, il pericolo di credere di ascoltare le parole di Dio mentre in realtà ascoltavamo noi stessi; di crederci umili quando in realtà era ancora la superbia a dominare la nostra vita; di crederci altruisti quando in realtà eravamo ancora un impasto di egoismo.
(La meditazione, VI)