Domenica 23 ottobre
L’intero cap. 16 di Luca si interessa del problema della ricchezza con due parabole: l’amministratore saggio e il ricco stolto,. Riguardano entrambi il problema della ricchezza: l’uno in positivo, l’altro in negativo.
a) L’atteggiamento da imitare.
L’accoglienza presso gli amici non è altro che la dimora eterna, cioè la salvezza. Tutto ciò gli viene assicurato perché l’amministratore distribuisce le ricchezze del padrone. Cioè il Padrone è Dio che affida agli uomini le sue ricchezze. Ciò che vuole il Signore è la condivisione dei beni presenti con i poveri. Allora anche i ricchi possono aver parte alla salvezza. In altre parole la condivisione della ricchezza nella carità è condizione per aver parte al Regno, per essere accolti nella dimora eterna. Fuori da questa prospettiva la ricchezza diventa ostacolo alla salvezza perché non permette più di servire Dio secondo il suo progetto ma impone un’altra logica che allontana dal servizio di Dio
a) L’atteggiamento da imitare.
L’accoglienza presso gli amici non è altro che la dimora eterna, cioè la salvezza. Tutto ciò gli viene assicurato perché l’amministratore distribuisce le ricchezze del padrone. Cioè il Padrone è Dio che affida agli uomini le sue ricchezze. Ciò che vuole il Signore è la condivisione dei beni presenti con i poveri. Allora anche i ricchi possono aver parte alla salvezza. In altre parole la condivisione della ricchezza nella carità è condizione per aver parte al Regno, per essere accolti nella dimora eterna. Fuori da questa prospettiva la ricchezza diventa ostacolo alla salvezza perché non permette più di servire Dio secondo il suo progetto ma impone un’altra logica che allontana dal servizio di Dio
Lc 16, 1-9
Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: «Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare». L’amministratore disse tra sé: «Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua». Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: «Tu quanto devi al mio padrone?». Quello rispose: «Cento barili d’olio». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta». Poi disse a un altro: «Tu quanto devi?». Rispose: «Cento misure di grano». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta». Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: «Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare». L’amministratore disse tra sé: «Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua». Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: «Tu quanto devi al mio padrone?». Quello rispose: «Cento barili d’olio». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta». Poi disse a un altro: «Tu quanto devi?». Rispose: «Cento misure di grano». Gli disse: «Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta». Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
(Dio è carità – XXXIX)