Domenica 28 settembre
I santi hanno imparato alla scuola di Gesù la beatitudine vera. Così S. Francesco: “Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena m’è diletto”. E’ un modo misterioso di essere felici in questo mondo e nell’altro. La coraggiosa accettazione del significato della vita presente e di ogni avvenimento alla luce del disegno di Dio diventa motivo di serenità e di pace e, quindi, di felicità. Da questo punto di vista la lettera di S. Ignazio di Antiochia è stupenda. Il santo, mentre in catene viaggia verso Roma per subirvi il martirio, sente che i cristiani si stanno adoperando per liberarlo. Allora scrive per supplicarli di non farlo. Invoca i suoi diritti ad essere esaudito. “Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto alle belve per mezzo delle quali potrò raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle belve per divenire pane puro di Cristo!”
E’ la logica di Cristo e del Vangelo. E’ la logica di una esistenza data a Cristo, radicata nel Signore e portata avanti senza le disposizioni delle piccole beatitudini provvisorie che imprigionano e offuscano la visione interiore e la libertà dell’uomo.
(Beatitudine come vocazione – XIII)