Domenica 27 gennaio 2013
In questo vivere giorno per giorno in cerca del Signore, ciò che più può sconcertarci e ci sconcerta nel nostro cammino di fede è il silenzio di Dio.
I nostri occhi sono fatti per il possesso, ciò è evidente. Quando essi giungono a vedere colori, prospettive, dimensioni, si sentono appagati; hanno raggiunto e realizzato il loro obiettivo. Anche le orecchie, per la loro conformazione, sono destinate a captare voci, suoni, melodie. Quando possono ascoltare si tranquillizzano; hanno realizzato il loro obiettivo. E così per le differenti potenze che compongono la struttura umana: potenza intellettiva, intuitiva, sessuale, affettiva ecc., con le finalità proprie di ciascuna potenza. Ottenuto lo scopo, si tranquillizzano, hanno realizzato il loro obiettivo. Qui però esplode il mistero: tutte le potenze raggiungono il loro scopo e rimangono soddisfatte. Ma l’uomo, l’uomo rimane insoddisfatto. Che cosa significa ciò? Vuol dire che l’uomo è un’altra cosa, è qualcosa di più che la somma di tutte le potenze sue. È un “io” profondo che trascende tutte le altre potenze, le sintetizza e cerca di dare un significato.
Ancora: l’uomo, nato da un “sogno” dell’Eterno, è un abisso sconfinato perché ideato e scavato secondo una misura infinita. È fatto dall’infinito e affamato di Infinito. Nessuna creatura potrà riempire questo abisso di infinito che è l’uomo; solo un Infinito potrà colmarlo. Essendo l’immagine dell’Invisibile e risonanza e testimonianza del Silenzioso, l’uomo possiede forze inquiete e inquietanti che aspirano, con continuità e testardaggine, verso un Centro di gravità, dove finalmente acquietarsi, pacificate, dando finalmente fine alla corsa.
(Il dramma della fede – XI)