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February, 2010

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Newsletter 8/10

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Domenica 28 febbraio 2010

Il verbo “suv” (conversione) è una chiamata per tutti a rispondere della propria vita di fronte al Signore. E’ una chiamata benefica e necessaria anche se severa, dura, inevitabile, impietosa! Una chiamata personale e comunitaria.

Tutti sono chiamati alla conversione (Geremia 18,11). I segni, i simboli della presenza di Dio nell’Antico Testamento erano i re, i profeti. La loro condotta, nel bene o nel male, proprio per la singolare responsabilità di cui erano investiti, influenzava il popolo. A loro andava con insistenza l’invito a convertirsi. L’episodio più noto è narrato in 2 Sam. 12, 1-23, quello relativo a Uria l’Ittita e Davide: “Ho peccato contro il Signore!”. Oggi, siamo noi il popolo profetico e regale in mezzo al mondo: una responsabilità grande. Noi che veniamo invitati a convertirci, noi che possiamo influenzare… perché tutti i popoli si convertano:  il fine della Rivelazione!

Ricordiamo Giona a Ninive: si dice “e gli uomini di Ninive credettero a Dio” Giona 3,5. E’ una catechesi per noi! Quello che Dio attende, ciò che aspetta dal popolo che ha eletto, popolo che ama, che è nato dal Figlio suo, è la conversione, vita di comunione impegnata con Dio e con i fratelli. Una vita da convertiti!! Concretamente…

(Convertiti e credi al Vangelo – VI)

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Newsletter 7/10

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Domenica 21 febbraio 2010

Il contrario della conversione è diventare lebbrosi. Ed è terribile questa situazione per chi, come noi, sa che il permanere nella conversione è di vitale importanza.

Israele ha ricevuto tutto da Dio: e noi che cosa non abbiamo ricevuto? Liberazione, rivelazione, esercizi spirituali ecc., ma purtroppo l’infedeltà prende il sopravvento e allora Dio dice: “Su, riconosci la tua colpa, perché sei stata infedele al Signore tuo Dio; hai profuso l’amore agli stranieri sotto ogni albero verde e non hai ascoltato la mia voce” (Geremia 3,13!).

Il peccato è quello dell’infedeltà: hai usato dei miei beni per allontanarti; hai preferito altri a Dio! Ma Dio non condanna, sollecita, attende la libera volontà dell’uomo: “Ritornate, figli traviati – dice il Signore – perché io sono il vostro padrone. Io vi prenderò uno da ogni città e due da ciascuna famiglia e vi condurrò a Sion” (Geremia 3,14).

Infatti nonostante i nostri peccati, orribili misfatti contro il Signore, l’animo del Signore rimane aperto, disposto al perdono e all’amore: “Va’ e grida tali cose verso il settentrione dicendo: Ritorna, Israele ribelle, dice il Signore. Non ti mostrerò la faccia sdegnata, perché io sono pietoso, dice il Signore. Non conserverò l’ira per sempre.” (Geremia 3,12).

(Convertiti e credi al Vangelo – V)

Newsletter 6/10

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Domenica 14 febbraio 2010

Una breve nota statistica informa che nel solo Antico Testamento il principale verbo ebraico che indica la conversione – suv, ricorre con una frequenza impressionante: 1059 volte. Praticamente in tutti i libri.

La radice suv con tutti i suoi derivati significa in primo luogo: dirigersi con il corpo verso qualcuno, tornare indietro, tornare verso qualcuno, cambiare strada. Quando il termine a cui ci si riferisce è il Signore, allora suv significa convertirsi al Signore, abbandonare la strada attuale che porta alla rovina e rimettersi sulla via di Dio, mutare radicalmente la condotta, assumere un atteggiamento di disponibilità massima con il Signore, pentirsi delle realtà vecchie operate nella malizia e nella sopraffazione, nell’arbitrio, nell’egoismo personale e collettivo, fare penitenza generosa e sincera; insomma tornare completamente a Dio e avere fede totale in Lui.

Questo voleva dire la Madonna a Lourdes quando insistentemente richiamò alla penitenza…!

(Convertiti e credi al Vangelo – IV)

Newsletter 5/10

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Domenica 7 febbraio 2010

Il lebbroso va da Gesù e prega: “Se tu vuoi, puoi guarirmi”. All’inizio di questa quaresima il volere di Gesù passa attraverso le parole del Vangelo: “Convertiti e credi”. Parole rivelate che prendiamo in considerazione il mercoledì delle ceneri.
Malachia nel V sec. A.C., in un periodo in cui si era particolarmente  preoccupati per i peccati, scrive: “Io sono il Signore, non cambio… ritornate a me e io tornerò a voi” (Mal 3,6-7). Il ritorno a Dio si presenta nei testi biblici – e in tutte le apparizioni (Salette, Lourdes, Fatima…) – come una condizione indispensabile, dunque uno stato permanente di vita.

La conversione del cuore attraversa tutta la Rivelazione dalla creazione all’Apocalisse, tutta la storia della Chiesa. Dalla storia di Israele, dalla storia della Chiesa, dalla nostra storia personale e comunitaria appare a sufficienza come tutti noi tardiamo a operare, pensare ed essere quando ci allontaniamo da Dio, ci copriamo volutamente di lebbra. Di qui la necessità assoluta e continua della conversione. Molti santi invitavano a pregare per la loro conversione. Conversione dunque!

(Convertiti e credi al Vangelo – III)

Newsletter 4/10

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Domenica 31 gennaio 2010

Questa è lebbra: le nostre comunità cristiane sono diventate troppo borghesi, educate formalmente, dove c’è tutto e niente. Comunità che si attendono dalla festa del Palio al Carnevale, dalla vacanza estiva a qualche veglia o marcia silenziosa. Dove ci si trova tutti contenti perché è andata bene, eravamo numerosi. Comunità non convertite, senza grinta! Si accettano così…! Ma sono comunità che hanno assunto la mentalità di questo mondo (moda, parole, divertimenti), che si sono adattate a fare come gli altri, allo stesso galateo. Tutto questo ci ha reso “affidabili” alla gente per bene, che conta! Nel ’68 non eravamo così, ma dicevamo qualcosa! Oggi non diciamo niente! Si va bene così, va bene per tutti… ognuno può e ha soldi… non siamo più sale, luce! E chi ha mai detto che il cristianesimo è un galateo di buone maniere? C’è gente, fra voi, che mi dà ragione, che dice che bisogna agire. Attenzione! Bisogna convertirsi!!

(Convertiti e credi al Vangelo – II)

Newsletter 3/10

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Domenica 24 gennaio 2010

Avvicinandoci al periodo quaresimale, proponiamo una meditazione presentata da Don Comelli in occasione di una giornata di spiritualità nella prima domenica di Quaresima, nel 1988, sul tema: “Convertiti e credi al Vangelo”.

“Signore, se tu vuoi, puoi guarirmi”. “Sì, lo voglio, sii guarito!!”.
Il lebbroso sapeva di essere tale e, con umiltà, va da Gesù. Il nostro grande pericolo è pensare di non essere lebbrosi – peccatori – egoisti – meschini. Che ci piaccia o meno, noi siamo lebbrosi. Il cammino quaresimale sia una terapia, una conversione, un rinnovamento.
Dove manchiamo?
– Verso Dio: infinite mancanze di generosità, dimenticanza di Lui. Vivere come se non esistesse; programmare tutta la nostra vita… e poi di corsa la Messa la domenica sera perché dovevo. E il radicalismo evangelico? La preghiera, la Messa durante la settimana? Un sacrificio particolare offerto al Signore?
– Verso noi stessi: egoismo e solo egoismo. Programmi, soluzioni, impostazione della giornata: al centro i miei interessi, infinitamente lontano da Dio!! Accondiscendenza in mille sciocchezze: vista, udito, gusto, ecc.
– Verso gli altri: menefreghismo, innanzitutto il mio io. Cosa faccio per la povertà? la miseria? le necessità dell’evangelizzazione? Il mio comodo e il mio conto in banca…
– Verso la comunità: le nostre difficoltà a vincere la pigrizia. Eppure è il “segno” dato da Gesù: è la potenza, è la civiltà, è l’Alleanza, è la mia salvezza! Invece la mia adesione è solo un fatto personale: vado se lì ho i miei amici…

(Convertiti e credi al Vangelo – I)

Newsletter 2/10

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Domenica 17 gennaio 2010

Con tutti gli altri esercizi di pietà può stare il peccato; ma non possono coabitare la meditazione e il peccato… è categorico! È impossibile perseverare nel peccato e nella meditazione… essere a tu per tu… incontrarci con Lui… diviene veramente insopportabile, un continuo inganno profondo!
La preghiera mentale che noi dichiariamo “necessaria” per tutto ciò che abbiamo detto, diviene una grande esigenza dell’anima… è una grande esigenza! Mettersi alla presenza di Dio, concentrare su di Lui i propri pensieri, umiliarsi dei propri peccati, chiedergli quanto ci è necessario per compiere la sua volontà, è (o dovrebbe essere) il bisogno insopprimibile di ogni anima, indipendentemente da qualsiasi obbligazione e da qualsiasi fine pratico da raggiungere.
Esigenza profonda: è un cercare Dio, un tendere a Dio, un desiderare Dio, un amare Dio. Chi non sente tutto ciò, significa che altri ideali polarizzano le esigenze, i pensieri, i desideri. Ma fallisce!
Alimentare questa esigenza è il risultato della meditazione.

(La preghiera mentale, V – fine)

Newsletter 1/10

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Domenica 10 gennaio 2010

“Se faccio meditazione” dice l’abate Chantard “sono come rivestito di una armatura di acciaio”. E ancora: “Se abbandono la meditazione anche la Santa Messa, l’ufficio divino, tutto diviene penoso e meccanico e non più una lieve espressione di un cuore che ama”. Senza la meditazione, c’è poca vigilanza, manca il raccoglimento, niente orazioni distribuite durante il giorno, difficoltà nella testimonianza, confessioni fatte per abitudine: una città sempre meno difesa di fronte ad attacchi sempre più agguerriti. Ma anche l’efficacia dei sacramenti dipende dal modo con cui li riceviamo; hanno tanto più valore, portano molto più effetto a noi e alla Chiesa tutta quanto più siamo preparati, disponibili. È anche qui la meditazione che apre il cuore, che muove il nostro spirito.

(La preghiera mentale, IV)

Newsletter 13/09

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Domenica 20 dicembre 2009

Nella settimana del S. Natale, interrompiamo la meditazione sulla preghiera per proporre un brano di una delle omelie della notte di Natale presenti nel testo “In attesa di te, della tua luce, della tua pace” della collana “I quaderni di don Tarcisio Comelli”. Riprenderemo la pubblicazione settimanale della newsletter domenica 10 gennaio.

Sorridetevi… Sorridetevi gli uni gli altri, sorridete a vostro marito, a vostra moglie, ai vostri figli. Questo vi aiuterà a crescere nell’amore perché il sorriso è frutto dell’amore. Nessuno in famiglia si avvicini a voi senza sentire di essere amato. E ricordiamoci che la gioia dell’amore, del dono, della delicatezza, della disponibilità passa e si esprime attraverso il sacrificio.
Ad ogni mamma, ad ogni papà, ad ogni giovane che partecipa a questa nostra celebrazione del Natale dico: sii il cuore silenzioso, delicato ed attivo della famiglia, della società, della Chiesa. Troviamo il tempo in casa per sorriderci, per rallegrarci a vicenda; basta poco: una gentilezza, una parola, un fiore, un sorriso e allora sarà vero il nostro Natale e ogni giorno sarà Natale.

Auguri di un Santo Natale!

Newsletter 12/09

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Domenica 13 dicembre 2009

“Io passai un anno e più” dice S. Teresa d’Avila “senza fare orazione, persuasa com’ero di mostrare con ciò maggiore umiltà. Fu la più funesta tentazione alla quale io soggiacqui; essa mi conduceva alla più totale rovina. Era come precipitarmi da me stessa all’inferno, senza che vi fosse bisogno del demonio a portarmi”.
“Senza le orazioni” dice San Giovanni della Croce “l’anima non può vincere la forza di Satana; né senza umiltà e senza mortificazione conoscere i suoi inganni, essendo l’orazione e la croce di Cristo l’arma di Dio… In tutte le nostre necessità, avversità e difficoltà non c’è rimedio migliore nè più sicuro della preghiera”.
“Credi forse che Cristo abbia pregato invano? E allora – dice Arnaldo da Foligno – perché trascurarla stabilito che senza orazione non si viene a capo di nulla? Gesù pregò non per sé ma per lasciarci il modello della vera orazione. Se Lui ci dà questa indicazione, come pretendere, da parte nostra, di farne a meno?”
“Come l’anima è la vita del corpo così la preghiera è la vita dell’anima. – dice San Vincenzo de’ Paoli – Cosicché senza preghiera non avremmo la vita dell’anima e neppure quella del corpo. Il corpo non è più epifania dell’anima… ma solo della materia.”
Monsignor Scalabrini: “Chi lascia la meditazione o manca di fede o manca di cervello”.
Molti scrittori di ascetica affermano dunque che non si potrebbe dare ad una persona un avviso più importante e salutare di quello di essere fedele alla meditazione nonostante tutte le difficoltà. Se per indifferenza o per pigrizia la trascurano… si espongono a gravi pericoli: presto o tardi le tentazioni avranno il sopravvento perché mancherà la squisita sensibilità di avvedersene, scoprirle, fuggirle.

(La preghiera mentale, III)