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Siccome Dio vuole essere in noi, nei cuori, vuole regnare nei cuori – ed è pure l’unico nostro completo appagamento, questi non devono cercare se non Lui, servire Lui, non darsi pensiero se non di piacere a Lui. È la vita interiore difesa, corroborata che fa sì che si viva di Dio, si cresca in Lui e non si viva e non si gusti se non Dio e ciò che Lui desidera.

Per parte nostra invece, la perfezione e la felicità consistono nella sottomissione del cuore a questo dominio di Dio; e quanto più il nostro cuore sarà soggetto a Lui, tanto più saremo perfetti e felici. Si afferma che Dio si interessa maggiormente della direzione soprannaturale di un cuore su cui regna, che non del governo naturale dell’intero universo e del governo civile di tutti gli Stati. A Lui preme la comunione, la sottomissione, la conversione, il ritorno ad essere una cosa sola con il Padre attraverso lo Spirito.

Non c’è che Dio che abbia diritti di sovranità sui cuori. Né i potenti del mondo, né la Chiesa stessa vi estendono il proprio dominio. Solo Dio è il padrone e re assoluto. È qui il suo Regno…! La sua Grazia, Gloria, presenza è in questo Regno interiore.

La nostra vera grandezza sta nella sottomissione a Dio! Dipendiamo da Dio per un triplice motivo: 1) non possiamo ricevere l’esistenza che da lui 2) non possiamo avere i mezzi per arrivare a Lui se non attraverso Lui 3) non possiamo ottenere il possesso del nostro fine e del sommo bene che da Lui. Chi pensa diversamente si inganna!

Tanto più che le creature hanno una breve durata e presto o esse ci abbandonano o noi stessi siamo costretti ad abbandonarle. Purtroppo siamo pure fatti così: in tutto ciò che facciamo o ci fanno, non si perde mai di vista noi stessi. Il più delle volte si dimostrano amici, fedeli e a noi favorevoli perché… trovano il loro tornaconto. Che assegnamento possiamo allora fare sul favore e sulla amicizia degli uomini? Allora?

Le espressioni bibliche: “camminare alla presenza di Dio, aver l’animo retto, camminare nella verità, cercare Dio con tutto il cuore” esprimono tutto ciò. Senza di che noi non potremo mai essere contenti. Perché affezionarci alle creature, come purtroppo facciamo? Sono così limitate e così prive di beni solidi, che il massimo piacere e l’intera soddisfazione che possono darci non è se non è una vana e immaginaria felicità, la quale, invece di saziarci, non fa che eccitare la fame perché il nostro desiderio che è infinito non può essere appagato se non dall’essere infinito, il sommo bene.

Nell’ora della morte capiremo la grande sventura di esserci lasciati illudere e affascinare dalle creature. Ci meraviglieremo nell’aver buttato via, per creature e altre futili realtà, preziosi beni di Dio. E la giusta pena sarà quella di trovarci privati, per un certo periodo di tempo, della visione di Dio, senza la quale saremo nell’angoscia. Inconcepibile è il desiderio di vederlo finalmente… come inconcepibile sarà il dolore per il non appagamento. Questo è un motivo importante per deciderci a rinunciare con generosità a tutte le iniziative che potremmo intraprendere di nostro arbitrio, a tutte le mire, le brame, le speranze di quelle cose che potrebbero lusingare l’amor proprio, insomma a tutto ciò che è di ostacolo a promuovere la gloria di Dio.

Le creature non servono che ad aumentare il vuoto del nostro cuore. Tutto ciò non lo si potrà percepire bene se non nell’altra vita, quando l’anima separata dal corpo, ha un desiderio quasi infinito di vedersi tutta investita da Dio; un tale desiderio, frustrato dall’attesa, fa soffrire al nostro spirito una pena quasi infinita.

Anche se si dovessero raggiungere alte cariche, non si potrebbe essere interamente contenti. Cerchiamo perciò Dio, unicamente Dio, perché solo Dio può appagare ogni nostro desiderio.

Noi assomigliamo a quelle persone prese da nausea che, assaggiata una vivanda, la rifiutano per prenderne un’altra… che lasciano quasi subito: non trovano nulla secondo il loro gusto. Ci gettiamo su tutto… senza raggiungere mai la felicità. Dio solo è il supremo bene che ci può rendere felici e noi ci illudiamo dicendoci: “se fossi in quel luogo… se avessi quel ufficio… quella persona perché ha… è veramente felice”! Vanità!!