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Le categorie sociali di persone che vivevano nella Palestina di Gesù erano così collocate nella scala sociale: al primo posto la corte reale, al secondo posto i rappresentanti della classe ricca; al terzo la classe media; all’ultimo gradino i poveri, ovvero i lavoratori a giornata, i braccianti, persone in condizioni precarie, i mendicanti, i lebbrosi e tutti gli emarginati! Come si comportò Gesù di fronte alle categorie di persone distribuite in questa scala sociale?
Non si curò affatto della corte reale e politica. Non si interessò ai ricchi se non per invitarli a non essere insensibili verso i poveri, oppure a convertirsi. Gesù rivolse la sua attività di Messia alla gente della classe media e povera. Amava percorrere villaggi e campagne, piuttosto che le grandi città, e qui predicava e annunciava il Regno. La scelta di rivolgersi ai poveri però non escludeva i ricchi. Se i ricchi vogliono la salvezza devono smettere di porre le loro sicurezze nell’avere … ma devono accogliere il Regno e condividere la loro vita e le ricchezze con i più poveri.
a) Il discorso di Nazareth e la sua attuazione.
Prendiamo in considerazione il discorso programmatico di Gesù a Nazareth, Lc. 4,16-30; lettura!
Gesù si presenta come servo del Signore, dotato di Spirito, consacrato per una missione speciale. Tale missione consiste nell’annunciare il lieto messaggio ai poveri, nel dare la vista ai ciechi, nel liberare oppressi e prigionieri cioè i malati e i sofferenti, nell’annunciare l’anno di grazia del Signore. Egli annuncia che tutto ciò oggi in Lui si avvera, si realizza!
Lc. 4,16-30 “Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: «Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!»». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Tutta questa descrizione minuziosa intende illustrare la carità delicata e completa del buon Samaritano verso quel Giudeo, praticata solo perché quell’uomo era nell’indigenza ed egli aveva la possibilità di aiutarlo, in quel preciso momento.