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Domenica 18 dicembre
Nella settimana del S. Natale, proponiamo un brano di una omelia della notte di Natale. Riprenderemo la pubblicazione settimanale della newsletter domenica 8 gennaio.
Se è serio quanto stiamo facendo qui, in questa notte, se veramente accogliamo Dio nelle nostre esistenze, deve allora verificarsi il passaggio ad una vita nuova, generosa. Dobbiamo testimoniare non tanto la nostalgia del Natale, ma la pienezza della gioia, dell’incontro.
Dobbiamo testimoniare una risposta a Dio che si incarna in una proposta d’amore ovunque siamo. E allora sarà ancora Natale per il mondo.
Auguri di un Santo Natale!
Soprattutto attraverso il Vangelo di Luca la conversione è apparsa come condizione per accogliere il Regno; la conversione appare come atteggiamento particolare verso la ricchezza che vuole prendere il primo posto nel cuore dell’uomo, che rende incapaci di preoccuparsi veramente e seriamente dei propri fratelli portandoci alla condanna eterna.
La vera conversione implica la disponibilità all’amore generoso che porta a mettere a disposizione dei fratelli poveri i nostri beni, affinché siano alleviate le loro pene. È la linea che ha tracciato Gesù; prendendo questa decisione si diventa candidati alla salvezza. Condividere nel presente per condividere l’eternità!
Gesù può dire: “la salvezza è entrata in questa casa”. È un nuovo atteggiamento che dimostra la verità di una profonda conversione.
Lc 19,1-10
Il giudizio viene fatto in ogni momento della nostra vita … e il criterio discriminante sarà quello di aver condiviso le nostre ricchezze oppure no. È su questo punto che tutti noi giochiamo la nostra salvezza!
Mt. 25,31-46
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». Anch’essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me». E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
“Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio”
Atti 19, 3-35
Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c’è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro. Egli è ospite presso un tale Simone, conciatore di pelli, che abita vicino al mare». Quando l’angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un soldato, uomo religioso, che era ai suoi ordini; spiegò loro ogni cosa e li mandò a Giaffa.
Il giorno dopo, mentre quelli erano in cammino e si avvicinavano alla città, Pietro, verso mezzogiorno, salì sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi: vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!». Ma Pietro rispose: «Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano». Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato nel cielo. Mentre Pietro si domandava perplesso, tra sé e sé, che cosa significasse ciò che aveva visto, ecco gli uomini inviati da Cornelio: dopo aver domandato della casa di Simone, si presentarono all’ingresso, chiamarono e chiesero se Simone, detto Pietro, fosse ospite lì. Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: «Ecco, tre uomini ti cercano; àlzati, scendi e va’ con loro senza esitare, perché sono io che li ho mandati». Pietro scese incontro a quegli uomini e disse: «Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?». Risposero: «Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutta la nazione dei Giudei, ha ricevuto da un angelo santo l’ordine di farti venire in casa sua per ascoltare ciò che hai da dirgli». Pietro allora li fece entrare e li ospitò.
Il giorno seguente partì con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». Poi, continuando a conversare con lui, entrò, trovò riunite molte persone e disse loro: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo. Per questo, quando mi avete mandato a chiamare, sono venuto senza esitare. Vi chiedo dunque per quale ragione mi avete mandato a chiamare». Cornelio allora rispose: «Quattro giorni or sono, verso quest’ora, stavo facendo la preghiera delle tre del pomeriggio nella mia casa, quando mi si presentò un uomo in splendida veste e mi disse: «Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita e Dio si è ricordato delle tue elemosine. Manda dunque qualcuno a Giaffa e fa’ venire Simone, detto Pietro; egli è ospite nella casa di Simone, il conciatore di pelli, vicino al mare». Subito ho mandato a chiamarti e tu hai fatto una cosa buona a venire. Ora dunque tutti noi siamo qui riuniti, al cospetto di Dio, per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato».
Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga.
La parabola è rivolta a quei farisei che a causa del loro attaccamento al denaro, disprezzavano l’insegnamento di Gesù su tale punto … e perderanno così la salvezza.
Nella parabola abbiamo tre quadri.
Nel primo, v. 19-21, il ricco nella sua sfrontata opulenza non si dà il minimo pensiero per l’estrema miseria del povero.
Nel secondo, v. 22-26, la situazione è capovolta, irreversibile; la situazione futura va risolta oggi con un diverso atteggiamento. Alla luce della parabola precedente farsi degli amici … la risposta del v. 25 va così inteso: tu ricco, quando eri in terra, ai riservato solo per te la tua ricchezza lasciando il povero nella sua miseria; non ti sei preoccupato di fartelo amico dividendo con lui i beni che ti erano stati affidati. Quella barriera eretta sulla terra, tra il mondo dell’opulenza e quello della miseria, non può più essere abbattuta.
È chiaro l’appello rivolto ai ricchi a mutare la loro vita, ispirandola alla condivisione e alla carità.
Nel terzo quadro, v. 27-31, abbiamo la preghiera del ricco con la risposta di Abramo (per i suoi fratelli, un segno come la risurrezione di un morto!). Ma Abramo parla di un ostacolo che rende impenetrabile ogni messaggio, anche quello che Dio ha inviato attraverso Gesù che risorgerà dai morti. Tale ostacolo è l’attaccamento al denaro, che spinge a beffarsi della Parola di Gesù. Solo una disponibilità all’uso della propria ricchezza nella carità, darà loro la possibilità di intendere la Parola, di praticarla e di aver parte all’eredità di Abramo.
C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»
Che le due logiche siano irriducibili lo troviamo indicato con espressioni chiare pure in S. Paolo, es. Col. 3,5 , dove ammonisce di far morire gli atteggiamenti che sono propri di questo mondo fra cui elenca “quella voglia sfrenata di possedere che è una specie di idolatria”, cosa che attira la condanna di Dio.